venerdì 16 aprile 2010

Viaggiare

Ho provato nel corso degli anni a trovare un motivo per cui vivere che valesse più degli altri, sinceramente lo sto ancora cercando, quello che ci si avvicina di più, dopo le feste stile "Animal house" è viaggiare (non parlo di ecstasy...ora).

Quando qualcuno dice "vado in vacanza"
la prima domanda che gli facciamo è "dove?"
la seconda "quando parti?"
la terza "con chi vai?"
la quarta "quanto hai pagato?"
il "come ci vai?" o "come ti sposterai?" vengono sempre dopo.

Questo perchè è scontato che verrà preso il mezzo più rapido per arrivarci...fosse per me andrei in Australia in nave! Io adoro viaggiare, mi piace quando la macchina scorre di notte sull'autostrada con la musica soft sotto, mi sento in compagnia anche da solo, è una sensazione favolosa!

Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno.
Guy de Maupassant, Al sole, 1884

Ricordo che un paio di estati fa per riuscire a vedere le cascate del Niagara, io e un mio amico abbiamo fatto la pazzia di prendere una macchina (un minivan) partire da Boston a mezzogiorno, arrivare lì la sera, vederle la mattina e rientrare per prendere quella stessa notte il volo per San Diego. All'andata ero galvanizzato da quest'auto che non finiva più e il diluvio universale fuori, talmente tanta pioggia che nonostante i tergicristalli al massimo non si vedeva quasi nulla, io viaggiavo tra le macchine con le quattro frecce sperando di incrociare un uragano. Le scocciature dei ritardi, dei contrattempi, a volte sono esperienze meravigliose.

 
Provate ad immaginare solo per un attimo che la tecnologia avesse potuto evolversi in modo diverso, immaginate un mondo senza foto e video, pensate a quanto sarebbe diverso l'addio da ogni singolo posto o da ogni persona, sapendo di vederla forse per l'ultima volta, come potreste raccontare cosa sia il Grand Canyon senza far vedere una foto al rientro? Ormai partiamo per vedere dal vivo cose che la tecnologia ci fa già vedere in anticipo, ad altissima definizione, persino in modo virtuale; troviamo più dettagli della Monnalisa sul sito del Louvre che vedendola dal vivo, eppure torneremo postando su facebook una foto della Statua della libertà uguale a mille altre di mille altri siti.

L'uso dei viaggi è di regolare l'immaginazione con la realtà, e, invece di far pensare come possono essere le cose, di farle vedere come sono.
Samuel Johnson, Johnsoniana, 1776
Uno dei piaceri del viaggio è immergersi dove gli altri sono destinati a risiedere, e uscirne intatti, riempiti dell'allegria maligna di abbandonarli alla loro sorte.
Jean Baudrillard, Cool memories II 1987-1990, 1990
...la differenza in duecento anni diventa abissale.

Non c'è più l'avventura, non c'è più la curiosità di vedere se "esiste davvero", tutto quello che ci rimane per dare un po' di magia alle nostre gite è il viaggio, nei suoi imprevisti, nei ritardi che non si fotografano, nei visi di chi dà le indicazioni stradali, nei profumi dell'estate che esplode e in quelle canzoni che a distanza di anni ci riportano subito indietro la mente.  


Prima di partire per l'erasmus, qualche anno, fa una mia professoressa di lingua ci ha fatto leggere una poesia:

Prima del viaggio

Prima del viaggio si scrutano gli orari,
le coincidenze, le soste
e le prenotazioni (di camere con bagno
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);
si consultano le guide Hachette e quelle dei musei,
si cambiano valute, si dividono
franchi da escudos, rubli da copechi;
prima del viaggio s’informa
qualche amico o parente, si controllano
valigie e passaporti, si completa
il corredo, si acquista un supplemento
di lamette da barba, eventualmente
si dà un’occhiata al testamento, pura
scaramanzia perché i disastri aerei
in percentuale sono nulla;
prima del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che
il saggio non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito.
E poi si parte e tutto è O.K. e tutto
è per il meglio e inutile.
. . . . . . . . . . . . . . . . .
E ora che ne sarà
del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato
senza saperne nulla. Un imprevisto
è la sola speranza. Ma mi dicono
che è una stoltezza dirselo.

Eugenio Montale, Satura

lunedì 29 marzo 2010

Follìa

Domenica notte. Un altro weekend se ne è andato, lasciando l'amarezza di tornare ad una settimana di lavoro, fortunatamente il prossimo fine settimana avrà il lunedì di pasquetta, e una vacanza non me la toglie nessuno.

Parlerò della follia, perchè è un valido motivo per cui vivere. Ogni mattina credo che la follia sia mettere piede in ufficio mentre fuori c'è un mondo talmente grande da vedere che non mi basterà una vita lunghissima per osservarlo e viverlo tutto come vorrei.

Potrei accettare di vivere senza sogni, ma non senza follie, questo è indubbio, sono la mia linfa vitale. Me ne sono convinto qualche anno fa leggendo un aforisma di Oscar Wilde:
le follie sono le uniche cose che non si rimpiangono mai
l'ho fissato per un po' e poi, io che di solito sono ipercritico, mi son detto che avesse assoluta ragione.


C'è uno strano giochino che faccio da un po' di tempo, cerco l'etimologia delle parole. Questo mi aiuta a vedere le cose sotto ottiche completamente diverse e così mi accorgo che pàzzo deriva da pathos (soffrire) e fòlle da fòllus (soffietto), quindi colui che ha l'aria nel cervello. Quindi i pazzi soffrono e i folli non se ne rendono conto. Il concetto di male non è menzionato, oltre a questi due simpatici individui ce ne sono tanti altri:


Mentre scorrono gli anni, mi accorgo che la mia sete di follìe non trova pace. Ricordo le fughe da bambino, i tuffi spericolati, le feste in maschera in cui esageravo sempre,  i viaggi prenotati all'ultimo secondo, le rose e i chilometri macinati per amore...e tante altre cose che è meglio non scrivere per rischio emulazione. Però nelle centinaia di volte che mi sono sentito ripetere...ma sei matto?! Ho sempre sorriso, ne ero soddisfatto.

Amo la follia perchè tira fuori la parte non ordinaria della vita, quella che a me stufa. Amo le follìe perchè sono uniche, perchè hanno originalità, e perchè suonano con l'esplosione di qualcosa che si ha dentro e che si vuole portare fuori come una mano che sventra l'addome e strappa con forza lo stomaco.


Azione prevede reazione: la follìa la stai già meditando, devi solo trovare dentro la convinzione di essere capace di compierla. Io mi accorgo che la follìa ha la pelle di un quindicenne anche dietro novant'anni di rughe quando vedo video di vecchi lanciarsi col paracadute o ballare fino a notte fonda.
Osare fa parte della nostra natura, sfidare i limiti, prima di tutto i nostri.


mercoledì 24 marzo 2010

Vendetta

Quando mi sono messo a scrivere qualche giorno fa il tempo era pessimo. Oggi dal finestrone a parete del mio ufficio filtra un sole caldo che inizia a farsi spazio tra le nuvole; così anch'io esco dalla fase di down della metereopatia e ritorno a vedere il verde dei miei occhi riflesso su questo monitor.

Il tema di oggi è la vendetta...forse sarò il primo al mondo ad accostare vendetta e metereopatia, ma infondo per chi ha un carattere lunatico non sarà certo difficile trovarne la concordanza.

Non credo che esista qualcuno che non abbia mai serbato rancore nei confronti di un amico, un ex, un collega o un semplice sconosciuto che suona impazzito il clacson dietro la propria macchina: a volte dura il tempo di un semaforo rosso, talvolta si protrae per anni. Così il desiderio di vendetta inizia ad alminetarsi fino a quando non esplode, dal piccolo tamponamento all'omicidio. La rabbia a quel punto sarà placata...per alcuni, per altri la vendetta diventerà uno stile di vita e persino un valore.


Mi hanno sempre detto che il modo migliore per risolvere i problemi sia parlarne...ricordo l'aforisma di William Blake:
"Ero arrabbiato con il mio amico: glielo dissi, la rabbia finì. Ero arrabbiato con il mio amico: non ne parlai, e la rabbia crebbe"
Tutto questo è indubbio, fino a quando arrivi al punto di non avere né la forza, né la voglia di parlarne. Ma senti il piacere che si insinua nel lasciare crescere la rabbia, perchè ti fa sentire vivo, perchè pulsa ...e non per niente è ira, un peccato capitale, la sfida a ciò che c'è di giusto, a quello che ti hanno sempre insegnato ad evitare, siccome nella vita esiste ben poco di più affascinante che infrangere le regole, soprattutto le proprie, la vendetta diventa sintomo di coraggio.
Rimane solo da capire se "la vendetta sia un piatto che vada servito freddo" o "la vendetta sia un piatto che si consumi freddo". In altre parole, vendicare per far stare male gli altri o per procurarsi piacere?


Le icone che abbiamo davanti agli occhi parlano di vendetta come sinonimo di giustizia, nessuna fallisce, a volte muoiono, a volte si feriscono, ma sono loro i buoni, perchè portano infondo una missione.

In una giornata di sole, dove la metereopatia è in fase up, immagino come potrebbero essere le mie vendette, che viste lontane da uno megaschermo tv sarebbero molto più insulse e meno filosofiche però mi farebbero sentire onnipotente ...e questa è la missione di tutti.

Visto sotto il profilo della vendetta tutto è più semplice: non soffri per ogni cosa che ti accade, perchè sai che saprai dare più dolore alla persona che ti ha fatto male, sorridi mentre ti calpestano perchè sai che in proporzione a quello che ti hanno dato riceveranno in misura maggiore. Ogni persona ha un punto debole, basta conoscerla per ribaltare la presa del coltello, non necessariamente serve la forza e la violenza, non necessariamente bisogna violare le leggi, a volte basta la perseveranza, la proattività, misura e gelo.

Dopo che senti il male profondo di una piccola o grande ferita, e non capisci il motivo per cui ti è stata procurata, l'organismo si riattiva prima di tutto facendoti pensare unicamente a quello che è successo, ogni mattina quando ti alzi e ogni sera prima di andare a dormire, tutto sta a come incanalerai quell'energia che pulsa come sofferenza: se continuerai a usare solo per autolesionarti sarai stato stupido, se saprai perdonare sarai misericordioso, se saprai vendicarti sarai temibile.
"ad ogni azione di un corpo A su un altro corpo B corrisponde una reazione uguale e contraria del corpo B sul corpo A"
Isaac Newton
"Principio di azione e reazione esteso"

Buona giornata e "occhio allo scalino!"

lunedì 22 marzo 2010

La Pioggia

Dietro la finestra di quest'ufficio i giorni si susseguono con una routine disarmante. Oggi piove.
Io la odio la pioggia in queste giornate di inizio di primavera perchè mi dà l'impressione che la primavera non voglia proprio arrivare, ...così nella strada quì sotto le macchine alle quattro di pomeriggio hanno già i fari accesi e scorrono incolonnate tra i suoni dei clacson, i fumi degli scarchi e l'altalenarsi dei tergicristalli. Le scie d'acqua che si portano dietro riecheggiano intermittenti, il cielo scuro avvolge tutto sotto una mite cupola informe. Dentro, nei loro micromondi, pensieri e persone stressate solamente da un po' d'acqua, quì, fuori, i miei occhi riflessi nel monitor sono sempre più grigi.

Ho sempre avuto uno strano rapporto con la pioggia, senza mezze misure: odi et amo, nessuna indifferenza nell'aprire l'ombrello.

L'anima selvaggia dentro di me la ama perchè sà esplodere in potenza, e poco mi rende più libero di un acquazzone estivo quando esplode all'improvviso, tra i tuoni, i lampi, i capelli che grondano le gocce di pioggia e la voglia di urlare fino a squarciarsi i polmoni, fino a quando ti senti parte di un evento così potente, così lontano dalla vita quotidiana.

L'anima più sensibile la osserva quando riga i vetri della finestra e la ascolta mentre tamburella sulle imposte dandomi sonnolenza e facendomi sprofondare in una quiete assoluta, la stessa di quando ero bambino che un po' mi impauriva e un po' mi coccolava.



Il sole non parla; la pioggia sà avere queste due voci antitetiche e stupende...buio e luce, Eros e Tanathos.

La pioggia rende l'acqua un elemento speciale, nasce dall'aria, nutre la terra ed uccide il fuoco.

Eppure la pioggia ha il dono malefico di riuscire a mettermi di cattivo umore in questi giorni perchè mi riporta indietro a questo inverno. Così passo i minuti ipnotizzato dalle pozzanghere in cui rimbalzano le gocce, pensando a una storia finita, a chi non c'è più, a dove sarò tra 5 anni, ai sogni che avevo in tasca e che ho perduto strada facendo.

La odio la pioggia, perchè mi pietrifica con la sua voce, mi attrae come se fosse il canto delle sirene fino a farmi schiantare ogni volta sui soliti scogli; il sole non ha voce.



Della pioggia rimane la purezza, oltre il fango, le pozzanghere ed i vestiti appiccisosi.
Non ho mai capito il principio di quiete dopo la tempesta...per me la quiete è la tempesta, dopodiché rimane solo l'espiazione, l'abbandono.
Nonostante mi abbiano insegnato che la pioggia lavi ogni cosa, come nel Diluvio Universale, mi accorgo che non sia sempre in grado di affogare ciò che l'ha preceduta.

Posto un paio di video e una poesia,
buona visione, buon ascolto e buona lettura.



Video 1               Video 2               Poesia




vi saluto così...magari è tanto che non la rileggete






La pioggia nel pineto

(Gabriele d'Annunzio)

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.

Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.

E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.

E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.

Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.

Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.

E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!

E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.