Dietro la finestra di quest'ufficio i giorni si susseguono con una routine disarmante. Oggi piove.
Io la odio la pioggia in queste giornate di inizio di primavera perchè mi dà l'impressione che la primavera non voglia proprio arrivare, ...così nella strada quì sotto le macchine alle quattro di pomeriggio hanno già i fari accesi e scorrono incolonnate tra i suoni dei clacson, i fumi degli scarchi e l'altalenarsi dei tergicristalli. Le scie d'acqua che si portano dietro riecheggiano intermittenti, il cielo scuro avvolge tutto sotto una mite cupola informe. Dentro, nei loro micromondi, pensieri e persone stressate solamente da un po' d'acqua, quì, fuori, i miei occhi riflessi nel monitor sono sempre più grigi.
Ho sempre avuto uno strano rapporto con la pioggia, senza mezze misure: odi et amo, nessuna indifferenza nell'aprire l'ombrello.
L'anima selvaggia dentro di me la ama perchè sà esplodere in potenza, e poco mi rende più libero di un acquazzone estivo quando esplode all'improvviso, tra i tuoni, i lampi, i capelli che grondano le gocce di pioggia e la voglia di urlare fino a squarciarsi i polmoni, fino a quando ti senti parte di un evento così potente, così lontano dalla vita quotidiana.
L'anima più sensibile la osserva quando riga i vetri della finestra e la ascolta mentre tamburella sulle imposte dandomi sonnolenza e facendomi sprofondare in una quiete assoluta, la stessa di quando ero bambino che un po' mi impauriva e un po' mi coccolava.
Il sole non parla; la pioggia sà avere queste due voci antitetiche e stupende...buio e luce, Eros e Tanathos.
La pioggia rende l'acqua un elemento speciale, nasce dall'aria, nutre la terra ed uccide il fuoco.
Eppure la pioggia ha il dono malefico di riuscire a mettermi di cattivo umore in questi giorni perchè mi riporta indietro a questo inverno. Così passo i minuti ipnotizzato dalle pozzanghere in cui rimbalzano le gocce, pensando a una storia finita, a chi non c'è più, a dove sarò tra 5 anni, ai sogni che avevo in tasca e che ho perduto strada facendo.
La odio la pioggia, perchè mi pietrifica con la sua voce, mi attrae come se fosse il canto delle sirene fino a farmi schiantare ogni volta sui soliti scogli; il sole non ha voce.
Della pioggia rimane la purezza, oltre il fango, le pozzanghere ed i vestiti appiccisosi.
Non ho mai capito il principio di quiete dopo la tempesta...per me la quiete è la tempesta, dopodiché rimane solo l'espiazione, l'abbandono.
Nonostante mi abbiano insegnato che la pioggia lavi ogni cosa, come nel Diluvio Universale, mi accorgo che non sia sempre in grado di affogare ciò che l'ha preceduta.
Posto un paio di video e una poesia,
buona visione, buon ascolto e buona lettura.
vi saluto così...magari è tanto che non la rileggete
La pioggia nel pineto
(Gabriele d'Annunzio)
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.